Dumping e antidumping

“Con questo termine di origine americana si può intendere il prezzo o il sistema di prezzi adottato per conquistare o dominare un mercato estero eliminando imprese o gruppi di imprese concorrenti. Tale prezzo, generalmente molto più basso di quello praticato negli scambi all’interno, può essere talvolta anche inferiore al costo di produzione (infatti l’espressione ‘dumping price’ significa prezzo più basso del costo), ma non è detto che lo sia sempre o rimanga costantemente tale; un siffatto sistema non può essere che temporaneo. L’imprenditore può rivalersi o compensarsi mediante il prezzo usato all’interno o i prezzi che un secondo periodo egli potrà adottare all’estero dopo aver conseguito l’assoluta padronanza del mercato.”

Con queste parole viene definito il dumping da parte di Oddone Fantini [1] anche se, nella realtà [2] e forse in parte erroneamente, il termine ha assunto un significato più ampio, tanto da essere assimilato e confuso spesso con altre forme giuridiche di concorrenza sleale.

Una prima precisazione riguarda la più ampia e variegata serie di situazioni in cui tale fenomeno può essere racchiuso. Indipendentemente dal concetto principale infatti, solitamente riferito ai beni industriali, si parla anche di “service dumping”, con riguardo alla vendita di servizi a prezzi inferiori a quelli praticati dal mercato interno; di “freight dumping”, concernente i prezzi dei
noli nel mercato internazionale e nel trasporto della merce verso il Paese importatore; di “exchange dumping”, per quanto riguarda la svalutazione della propria moneta ovvero l’applicazione di cambi multipli al fine di favorire le proprie esportazioni; di “bounty dumping”, nei premi all’esportazione ed infine (soprattutto per una recente ritrovata attualità) di “social dumping [3], nei casi in cui il costo del lavoro o il sistema di sicurezza sociale permetta l’esportazione a prezzi favorevolmente inferiori alla media nazionale. Sebbene l’attenzione possa focalizzarsi maggiormente sul concetto industriale di esportazione a prezzi “sleali” (riguardante anche i servizi come merci in senso lato), le altre sfumature di dumping possono comunque essere per certi versi ricondotte ad una trattazione unitaria, valendo molte delle nostre considerazioni genericamente per ognuna di esse. Consideriamo quindi questa distinzione unicamente a titolo conoscitivo non riferendoci ad essa ulteriormente (se non in via indiretta e marginale) nel corso del presente lavoro e nell’analisi delle normative (alla quale scarsamente fanno riferimento). [4]

Anche escludendo tale precedente distinzione non possiamo però non prendere atto della vastità di portata che l’argomento dumping va ad abbracciare (indipendentemente dalla normativa internazionale atta a regolarlo): come hanno brillantemente notato
Blonigen e Prusa [5] infatti questo, insieme allo studio dell’antidumping come attività di contrasto, affonda i suoi presupposti e le sue spiegazioni in una lunga lista di concetti economici che vanno dalla teoria del “rent-seeking” all’azzardo morale ed alla
selezione avversa, dalla concorrenza imperfetta alla protezione da contingentamento ed al concetto di
cartello tra imprese per passare infine dalla nozione di tariffa ottimale,
costo comparato e regionalismo economico. [6]

Due sono le particolarità di fondo relative al dumping che si riflettono in parte anche nella sua regolamentazione internazionale e nei modi in cui gli studiosi si rapportano a questo fenomeno.

Un primo elemento riguarda la natura dello stesso, riconducibile principalmente al comportamento di un’impresa come soggetto privato, nei confronti del quale la normativa internazionale non può che riferirsi in maniera indiretta, sanzionando e vincolando in pratica il comportamento degli Stati o più che altro concedendogli la facoltà di reagire a tale pratica (derogando parzialmente al principio di non discriminazione, imponendo dei dazi senza concedere in cambio alcun beneficio). Collegato a questo fatto è anche l’impossibilità di addentrarsi più di tanto nell’analisi delle situazioni indagate, per l’elevata difficoltà di cogliere
esteriormente fattori strategici legati alle scelte manageriali interne e all’andamento ed alla valutazione dei costi delle imprese (tanto necessari per cogliere l’entità della scorrettezza della pratica).
Da quanto detto non si può evitare di prendere atto come comportamenti anche legittimi di imprese, poiché riconducibili a pratiche manageriali pienamente accettate ed ampiamente condivisibili, possano in ultima analisi risultare scorrette poiché discriminanti nei confronti di mercati di differenti Paesi, e quindi in teoria sanzionabili.

La reazione diretta (sul piano internazionale) per contrastare il dumping si concretizza nell’imposizione di un
dazio, la cui considerazione obbliga inoltre ad un’analisi dei suoi effetti sui mercati dei Paesi coinvolti (in termini di perdite di benessere per i soggetti interessati).

Questo permette di introdurre un ulteriore ordine di fattori che vede nel dilemma tra importazione in dumping, danno per l’impresa nazionale (e per la perdita dei
fattori ivi impiegati), e vantaggio in termini di prezzo, indubbio beneficio per i consumatori locali e per l’efficienza del sistema economico globalmente inteso, un argomento piuttosto dibattuto.
Il contrasto di una importazione competitiva può senza dubbio infatti essere considerata una pratica protezionistica svantaggiosa, anche in un’ottica di pieno ed eccellente sfruttamento mondiale delle risorse produttive ovvero positiva occasione di riallocare in modo migliore quei fattori dimostratisi così scarsamente produttivi.[7]

Citando una similitudine molto perspicace di Robert Baldwin [8]
possiamo paragonare la liberalizzazione del commercio alla bonifica di una palude: con il diminuire del livello dell’acqua infatti (ovvero con l’abbassamento delle protezioni tariffarie) grazie ad una efficace opera di drenaggio facilmente emergono rocce, tronchi ed ogni altro genere di ostacoli; da questo punto di vista il WTO può avere una funzione molto importante, un po’ come un “albero maestro” al quale i governi dei vari Paesi possono legarsi per scampare al richiamo delle pressioni protezionistiche dei vari gruppi (Roessler 1985).[9]

Ma la normativa internazionale in sede di WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) racchiude la valutazione del dumping principalmente nella differenza tra due prezzi
e all’analisi di un pregiudizio causale, con la conseguente imposizione di un dazio come strumento per contrastare tale pratica.

Nessun giudizio è invece espresso nel valutare se il dumping sia in definitiva un comportamento di “unfair competition” ed eventualmente in quali termini, frutto probabilmente sia delle particolarità di questo già anticipate, che del fatto di essere un argomento largamente dibattuto in letteratura e sulla cui base manca un coerente ed ampio consenso.[10]
L’unica cosa che si può rimarcare è come la definizione di dumping si sia evoluta nel corso degli anni (a partire chiaramente dal rischio di istituzione di monopolio nelle prime discipline nazionali) da “practice of selling a good for export at a price below that charged for the identical good in the exporting country” (Willig, 1997) a “offering a product for sale in export markets at a price below normal value (as the price charged by a firm in its own market, in the ordinary course of trade)”.[11]


  1. Oddone Fantini Dumping Estratto dal Novissimo Digesto Italiano, Torino: UTET.
  2. Il termine inglese “to dump” ad esempio ha il comune significato di scaricare, sbarazzarsi di qualcosa ovvero eliminare un superfluo; non a caso viene utilizzato anche come sinonimo del termine “unload”.
  3. Primi casi storici per eccellenza di “social dumping” risalgono agli anni ’20 con l’imposizione di diritti doganali addizionali per contrastare gli effetti di un prolungamento dell’orario di lavoro di un determinato Paese esportatore.
  4. Nel raduno a Londra del Comitato Preparatorio per la discussione sull’Articolo 11 (della proposta statunitense sui dazi antidumping) emerse dalla discussione il riferimento a quattro tipi di dumping: “price, service, exchange, social”. L’Articolo 11 si riferì a misure riguardanti unicamente il primo tipo con il conseguente presunto obbligo di non contrastare i rimanenti tre (era d’altronde generalmente accettato come l’”exchange dumping” fosse di pertinenza del Fondo Monetario Internazionale mentre il “social dumping” materia per il Comitato di studi sull’industrializzazione. Da un rapporto di un sottocomitato alla Conferenza dell’Avana invece ricaviamo testualmente: “The Article as agreed to by the Sub-Committee condemns injurious ‘price dumping’ as defined therein and does not relate to other types of dumping”. Dal rapporto di un altro sottocomitato, riguardante le eccezioni generali all’Articolo VI, ed in riferimento all’Articolo XX(d) del GATT “designed to exempt measures against so called ‘social dumping’ from the provisions of Chapter IV, the Sub-Committee expressed the view that this objective was covered for short-term purposes by paragraph 1 of Article 40 [XIX] and for long-term purposes by Article 7 [on workers rights] in combination with Articles 93, 94 and 95 [on dispute settlement]”. Dal secondo rapporto del Gruppo di Esperti “on Anti-Dumping and Countervailing Duties” citiamo infine: “the Group decided that what was generally known as freight dumping did not fall under the provisions of Article VI”. In Analytical Index of the GATT pp. 204-205.
  5. José Tavares de Araujo Jr Legal and Economic Interfaces Between Antidumping and Competition Policy in
    World Competition, 25(2) 2002, pp. 159-172 (pp. 161-162).
  6. “Rent-seeking” o “rent defending” è un termine utilizzato per indicare lo spreco dell’intero profitto da parte di un monopolista (oltre alla perdita di efficienza per un prezzo maggiore di quello praticabile in condizione di perfetta concorrenza) utilizzato ad esempio in campagne pubblicitarie, avvocati o lobby per difendersi dall’autorità antitrust. Seleziona avversa (o antiselezione) ed azzardo morale sono due comportamenti derivanti dal concetto più ampio di imperfezioni dei mercati dovuto all’incompletezza delle informazioni di cui dispongono gli individui che vi operano. Il primo indica un vantaggio acquisito da un individuo che gode di un certo margine di libertà, nell’esecuzione di un accordo o stipulazione di un contratto, proprio per le informazioni che detiene in modo esclusivo; il secondo è invece un comportamento sleale da parte di un soggetto che altera la realtà (occultando o modificando informazioni) e beneficiando della situazione che si viene pertanto a creare.
  7. Come valutare infatti l’importazione di un prodotto ad un prezzo più basso di quello praticato dalle imprese nazionali: un tentativo di danneggiare il settore produttivo interessato con tanto di riflesso per la perdita dei fattori ivi impiegati (sulla base della mercantilistica affermazione che racchiude nell’espressione “beggar the neighbour” la considerazione della ricchezza come guadagno a danno di altri) ovvero un benefico regalo da parte del Paese esportatore che, per ragioni pratiche o per la strategia adottata dai soggetti che vi operano, svende parte del proprio reddito (cedendolo in realtà sulla base di una ragione di scambio a lui svantaggiosa).
  8. Keith Steele Anti-Dumping under the WTO: A comparative Review, Kluwer Law International, Preface (Petros C. Mavroidis), p. xxi.
  9. Bernard M. Hoekman and Michael M. Kostecki The Political Economy of The World
    Trading System
    : The WTO and Beyond, par. 1.3 p. 12.
  10. Specialmente sull’effettiva dannosità della discriminazione di prezzo.
  11. Andrea Lasagni Does Country-targeted Anti-dumping Policy by the EU Create Trade Diversion? in Journal of World Trade, 34(4) 2000, pp. 137-159 (p. 139).
    Da uno dei rapporti periodici sull’antidumping (del 1993) della Commissione Europea ricaviamo le seguenti considerazioni sulle misure antidumping:
    The reasons why GATT consider dumping as unfair are:
    – dumping requires that the export market be segregated and that the importing market be open.
    These substantially different degrees of market access make international trade fundamentally different to trade within an integrated market;
    – operating from a segregated market can confer on exporters an advantage which is not due to higher efficiency and cannot be matched by his competitors in the importing country;
    – this provides the dumper with the opportunity to maximize profits or minimize losses and can be highly injurious to the importing country’s industry.